Convegno a Marghera: “Tifosi, class-action contro la FIGC dopo lo scandalo scommesse”

di Bruno Bartolozzi, tratto da Il Corriere dello Sport, lunedì 6 giugno 2011

MARGHERA – «Una class action contro la Figc per omesso controllo rispetto alla vicenda scommesse. Questo scandalo umilia i valori dello sport, tradisce la passione dei tifosi. Da mesi si parla di gare sospette e nessuno in federazione si è mosso. Perché? Ora il Palazzo ne risponda».L’idea è stata lanciata al termine di un convegno che si è svolto parallelamente ad un torneo di calcio che ha richiamato al Rivolta Pvc di Marghera centinaia di tifosi e praticanti di almeno venti realtà europee. Si tratta del trofeo Alerta Cup – Trofeo Bae: calcio e dibattiti su identità e cultura del calcio e contro il razzismo, che ha visto protagonisti gruppi ultras (presenti nelle curve di Ancona, Atalanta, Cosenza, Sampdoria, Hapoel Tel Aviv, Girondins Bordeaux, Athletic Bilbao, Celtic Glasgow, Omonia Nicosia, Plicko Plicko, St.Pauli Amburgo, Standard Liegi, Sparta Praha) e polisportive (San Precario Padova, Independiente Vicenza, Assata Shekur Ancona).
Franco Vianello Moro, presidente del trust Venezia United per l’azionariato popolare e consigliere del Venezia calcio, ha spiegato. «Si dovrebbe indirizzare l’azione sotto la tutela delle associazioni di consumatori, ma lo spazio legale per questa
iniziativa c’è tutto e ci sono soprattutto le caratteristiche di un intervento in difesa di una categoria che è tra la più estese: gli appassionati di calcio».

Il convegno, presentato da Ivan Compasso, giornalista autore di un blog «Sport alla rovescia», nato dall’esperienza di Radio Sherwood, è servito anche a mettere a fuoco alcune iniziative, come quelle di Ancona e Venezia, che spingono
sempre più verso il controllo diretto delle società da parte dei tifosi «anche se a Venezia ci sono i nuovi capitali russi
e bisognerà vedere se chi gestirà la società accetterà il confronto con realtà di azionariato popolare o farà una scelta… oligarchica».

Ma il cuore dell’iniziativa è la vivibilità degli stadi e il grande tema del razzismo. Ne parla il sociologo Mauro Valeri, romano, che ha guidato le iniziative contro le discriminazioni promosse da Lega e federazione proprio su indicazioni dell’Uefa è ha fondato un osservatorio sulla xenofobia. «Il disagio che si avverte rispetto alle vicende dei nostri giorni descrive le difficoltà del calcio a misurarsi con i grandi problemi che lo riguardano».
Affonda il colpo. «Alla fine di questa stagione si sono contati sui campi del grande calcio 42 eventi iscrivibili alla
discriminazione per i quali sono state comminate sanzioni di 240.000 euro. In dieci anni nel calcio italiano ci sono stati oltre 500 episodi di razzismo. Se pensiamo che, invece, i provvedimenti di legge contro la violenza negli stadi sono stati addirittura sei, è facile notare che queste norme per quanto riguarda la discriminazione razziale sono state inefficaci. O pensate o applicate male».

Ciascun club di serie A, chiamato a evidenziare quali siano le iniziative anti-razziste ha dato risposte spesso eccentriche. Chi dice di costruire ospedali a Malindi, chi svolge altre attività che pur benefiche e lodevoli non c’entrano nulla con la lotta al razzismo.«In questi anni le multe per atti di razzismo sono ammontate a oltre tre milioni di euro, sarebbe importante – come chiedono alla Ficg e alle Leghe le associazioni antixenofobe che quei proventi andassero a finanziarie
attività contro la discriminazione invece di fare cassa nelle segreterie, sarebbe il modo attraverso il quale il calcio sottolinea nei fatti la propria distanza da certe ferite».

E poi c’è la questione relativa alla partecipazione.

«In Francia si è parlato di quote etniche per la partecipazione dei giovani, ma è ancora peggio quello che accade in Italia. E’ complicatissimo accedere al tesseramento da parte di giovani nati in Italia da genitori stranieri, almeno fino ai diciotto
anni. Spesso i documenti dalle federazioni chiamate in causa (ma i ragazzi sono nati qui nel nostro paese) sono quasi impossibili da ottenere».

Riflette sul tema della comunità del tifo organizzato il sociologo Marco De Rose, legato alla riflessione di Valerio Marchi,
lo studioso scomparso della cultura skin, delle curve e del complesso mondo delle sottoculture metropolitane. «Bisognerebbe che ci fossero meno raduni ultras e più iniziative sociali. Del resto il mondo della curva, una zona temporaneamente autonoma, è studiata come laboratorio per applicare soluzioni di controllo sociale da estendere
al resto della comunità». Insomma tante voci per un mondo che chiede, in queste settimane a maggior ragione, cambiamenti, dibattiti e trasparenza.

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